Significato del termine 会氣道 (aikido)

Il nome aikido è formato da tre sinogiapponesi: 会 (ai), 氣 (ki), 道 (do) la cui traslitterazione è la seguente:会 (ai) significa "armonia" e nel contempo anche "congiungimento" ed "unione"氣 (ki) è rappresentato dall'ideogramma giapponese 氣 che, nei caratteri della scrittura kanji, raffigura il "vapore che sale dal riso in cottura". Significa "spirito" non nel significato che tale termine ha nella religione ma nel significato del vocabolo latino "spiritus", cioè "soffio vitale", "energia vitale". Il riso, nella tradizione giapponese, rappresenta il fondamento della nutrizione e quindi l'elemento del sostentamento in vita ed il vapore rappresenta l'energia sotto forma eterea e quindi quella particolare energia cosmica che spira ed aleggia in natura e che per l'Uomo è vitale. Il 氣 "ki" è dunque anche l'energia cosmica che sostiene ogni cosa. L'essere umano è vivo finché è percorso dal "ki" e lo veicola scambiandolo con la natura circostante: privato del "ki" l'essere umano cessa di vivere e fisicamente si dissolve道 () significa letteralmente "ciò che conduce" nel senso di "disciplina" vista come "percorso", "via", "cammino", in senso non solo fisico ma anche spirituale.会氣道 (ai-ki-do) significa quindi innanzi tutto: «Disciplina che conduce all'unione ed all'armonia con l'energia vitale e lo spirito dell'Universo».Ueshiba Morihei, il fondatore dell'Aikido, usava dire che l'Aikido anela sinceramente a comprendere la natura, ad esprimere la gratitudine per i suoi doni meravigliosi, ad immedesimare l'individuo con la natura. Quest'aspirazione a comprendere e ad applicare praticamente le leggi della natura, espressa nelle parole "ai" e "ki", forma l'essenza ed il concetto fondamentale dell'arte dell'Aikido

MORIHEI UESHIBA

Morihei Ueshiba nacque il 14 dicembre 1883 a Tanabe (Giappone)
Fondatore dell'AIKIDO, arte marziale di autodifesa derivata da antiche discipline quali l'Aiki-jutsu e lo Ju-jutsu. Tra le arti marziali disarmate, a differenza del Karate, Kempo, Judo ecc. è considertata arte nobile. Non a caso i praticanti l'Aikido indossano l'Hakama, abito proprio dei samurai.
"... Non c'e niente a questo mondo che non possa insegnarci qualcosa. Alcuni, per esempio, eviteranno gli insegnamenti della nostra religione. E' segno che non hanno afferrato i significati più profondi di questo insegnamento. Gli insegnamenti religiosi contengono molta saggezza e profondità interiore..." (Morihei Ueshiba)


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il daisho (lett. grande e piccola) composto da katana e wakizashi

il daisho (lett. grande e piccola) composto da katana e wakizashi

la katana

katana (刀) è la spada lunga giapponese. Anche se molti giapponesi usano questa parola per indicare genericamente una spada, il termine Katana (o più precisamente uchigatana) si riferisce ad una specifica spada a lama curva e a taglio singolo usata dai samurai.
Nonostante permettesse efficacemente di stoccare, veniva usata principalmente per colpire con dei fendenti, impugnata ad una o due mani. Quest'ultima diventò la maniera più comune, sebbene Musashi Miyamoto, nel Libro dei Cinque Anelli, raccomandasse la tecnica a due spade, che presupponeva l'impugnatura singola. Veniva indossata con la parte concava della lama rivolta verso il basso, in modo da poterla sguainare velocemente con abili movimenti.
L'arma era portata di solito dai membri della classe guerriera insieme al wakizashi, o spada corta. La combinazione delle due spade era chiamata daisho, e rappresentava il potere o classe sociale e l'onore dei samurai, i guerrieri che obbedivano al daimyō (feudatario). Più precisamente la combinazione daishō era costituita fino al XVII secolo da tachi e tanto, e solo in seguito da katana e wakizashi.

Storia delle lame per le katane

La produzione di spade in ferro inizia in Giappone alla fine del IV secolo. Le katana cominciano ad apparire intorno alla metà del periodo Muromachi (1392-1573). Nel successivo periodo Momoyama (1573-1614) si realizza un grande sviluppo sia tecnologico che estetico. Con l'epoca Tokugawa (1603-1868) le lame di lunghezza superiore ai 2 shaku (60,6 cm) furono riservate ai samurai e vietate a tutti gli altri cittadini. Dopo la restaurazione imperiale del periodo Meiji (1868-1912), con l'editto Haitorei del 1876, venne dichiarata estinta la casta dei samurai e quindi vietato il portare in pubblico il Daisho, loro simbolo sociale.
Con quest'atto (1876) termina la grande fioritura dell'arte della forgiatura delle spade. La produzione riprende in sordina con l'era Taishō ma ormai solo per preservare le tecniche costruttive che per effettiva necessità. Negli anni della seconda guerra mondiale la produzione raggiunge numeri rilevanti ma la qualità è ben lontana da quella degli anni d'oro. Dal dopoguerra la produzione muta orientamento riprendendo la migliore tradizione. In epoca contemporanea, grazie anche all'impulso di un collezionismo attento e appassionato, in Giappone e all'estero, si ritorna a produrre pezzi di grande pregio. Nel contempo i pezzi creati da grandi maestri del passato, ma anche di quelli contemporanei, raggiungono quotazioni elevatissime.
Da quando l'arte della pratica nell'uso della spada per i suoi scopi originari è diventata obsoleta, il kenjutsu viene sostituito dal gendai budo, moderni stili di combattimento per altrettanto moderni combattenti. L'arte di usare la katana si chiama iaido, battōjutsu o iaijutsu, mentre il kendo è una scherma praticata con la shinai, una spada di bambù, in cui i praticanti sono protetti dal tipico elmetto e dall'armatura tradizionale.

Procedimento costruttivo

La katana veniva forgiata alternando strati di ferro acciaioso, con percentuali variabili di carbonio. L'alternanza di strati di acciaio dolce e acciaio duro le conferiva la massima resistenza e flessibilità. Si partiva da un blocchetto di ferro (tamahagane) che veniva riscaldato e lavorato mediante piegatura e martellatura. Le piegature successive producevano un numero di strati molto elevato: poiché ad ogni piegatura il numero degli strati veniva raddoppiato, con la prima piegatura da 2 strati se ne ottenevano 4, con la seconda 8 e così via. Alla fine della lavorazione, dopo 15 ripiegature, si arrivava a 32.768. Ulteriori ripiegature erano considerate inutili in quanto non miglioravano le caratteristiche finali.
Successivamente veniva definita la forma generale della lama: la lunghezza, la curvatura, la forma della punta (kissaki). Il filo veniva indurito mediante riscaldamento e successivo raffreddamento in acqua (tempra). La lama veniva poi sottoposta ad un lungo procedimento di lucidatura eseguito con pietre abrasive di grana sempre più fine. L'ultima finitura era eseguita manualmente con particolari barrette di acciaio. Tutto il procedimento veniva effettuato in modo da esaltare il più possibile le caratteristiche estetiche della lama.
Il procedimento costruttivo tradizionale viene ancor oggi tramandato di generazione in generazione, dal Mastro forgiatore all'Allievo forgiatore. La tecnica di forgiatura prevede generalmente le seguenti fasi:
preparazione dei materiali per la fusione: grande quantità di carbone, ciotola di pezzi di ferro sminuzzato e ciotola di minerale di ferro
fusione: in una fornace di piccole dimensioni, all'aperto o nella fucina
raccolta del pezzo d'acciaio di fusione in una ciotola apposita
trasformazione del pezzo di fusione in un blocco approssimativamente cubico d'acciaio
pulizia delle crepe e delle irregolarità:
il blocco cubico grezzo viene sottoposto a pulizia
viene forgiato e trasformato in un parallelepipedo, contenente ancora molte crepe e sporgenze irregolari
viene ulteriormente forgiato e sezionato a metà
questo processo viene ripetuto da quattro a otto volte, prima che il pezzo d'acciaio sia pulito e utilizzabile
forgiatura:
il parallelepipedo d'acciaio viene sottoposto a forgiatura, portandolo al calor rosso e battendolo, piegandolo e ribattendolo decine di volte, come spiegato sopra, fino ad ottenere una stratificazione dell'acciaio, chiamata (in Europa) damasco (perché i primi ad aver fatto spade di questo tipo sono stati gli arabi nel Medioevo). Questa stratificazione è necessaria per rendere la lama flessibile ma nel contempo molto dura, addirittura così dura da non intaccarsi nemmeno con fendenti di lama su corazza o su altra spada. L'estrema durezza permette inoltre di affilare un filo molto fine e quindi molto tagliente senza renderlo troppo fragile.
forgiatura finale:
per ottenere la forma finale della spada, si uniscono due pezzi d'acciaio damascati, formando un'anima interna, un filo e un dorso esterni
tempratura:
dopo che il dorso è stato parzialmente ricoperto d'argilla la lama viene portata al calor rosso, poi viene immersa in acqua tiepida circa a 37° Centigradi. Questa tempratura differenziata permette di ottenere un dorso più flessibile ed un filo più duro.
molatura:
sgrezzatura o prima molatura
seguono almeno quattro gradi di pulitura usando mole sempre più fini, in Occidente a macchina e in Oriente a mano
affilatura finale
A questo punto la lama é finita e si provvede ad immanicarla e a darle un fodero di legno di vari tipi e qualità. Anche qui é presente tutto un lavoro artigianale specialistico, del quale i punti più importanti sono:
il mekugi ana un piccolo foro nel corpo (nakago) della spada, nel quale si fissa un piccolo cono di legno, chiamato caviglia (mekugi) che fissa il corpo della spada al manico.
la fettuccia (tsuka-ito)con la quale si avvolge l'impugnatura, sia per fissare la caviglia, sia per avere una migliore presa che per l'assorbimento del sudore.
Il codolo (nakago), cioè la parte terminale, veniva rifinito con colpi di lima disposti in varie forme a seconda delle scuole e delle epoche.
Il particolare tipo di tempratura "differenziata", tra dorso e filo, produce una linea di colore leggermente diverso sul tagliente, detta Hamon La forma dell'Hamon costituisce un segno identificativo, per un occhio esperto, dell'epoca della lama e dell'autore Mastro fabbro. Riportiamo per esempio alcuni tipi di Hamon, dei quali alcuni chiamati con nomi fantasiosi:
Ko-midare, dritta frastagliata piccola, tipica dell'era Heian (987-1183)
Sugu-ha, dritta, tipica dell'era Kamakura (1184-1231)
Notare-ha, finemente ondulata, Era delle Dinastie Nordiche e Meridionali (1334 -1393)
Hitatsura, pieno, Era delle Dinastie Nordiche e Meridionali (1334 -1393)
Midare-ha, non dritta, Era del Periodo di Mezzo Muromachi (dopo il 1467)
Gonome-ha, ondulata largheggiante come le nuvole, Periodo di Koto (circa 1550)
Kiku-sui-ha, a fiori di crisantemo che galleggiano sull'acqua, che i francesi chiamano extremement alambiquè, perché è simile ai vapori che si producono nell'alambicco Primo Periodo dell'Era di Edo (1600)
Sambon-sugi-ha, raffigurante gruppi di tre abeti, ove il centrale è più alto degli altri due, periodo Edo (1688-1704)
Toran-ha, ondulato come le onde dell'oceano, Periodo Finale di Edo (1822)

Kissaki
La parte di Hamon visibile sulla punta della lama (kissaki) si chiama bōshi.Vi sono più tipi di bōshi :
Kaen boshi, a forma di fiamma, Era Hogen (1156-1159)
Jizo boshi, a forma di testa di prete, Era Hogen (1156-1159)
Kaeri tsuyoshi boshi, solo sul dorso della punta, rivoltato, Primo Periodo Kamakura (1170-1180)
Ichimai boshi, area della punta interamente temprata, Periodo Kamakura (1170-1180)
Yaki zumete boshi, attorno al filo della punta, che termina sul dorso senza Kaeri, Periodo Meiji (1868-1912)
Mru boshi, a forma di gruppo di persone
Midare boshi area temprata irregolarmente, Era Hogen (1156-1159)
I primi forgiatori di spada giapponesi erano monaci buddhisti Tendai o monaci di montagna guerrieri chiamati Yamabushi. Avevano conoscenza vastissime per la loro epoca e il luogo in cui vivevano: erano alchimisti, poeti, letterati, invincibili combattenti e forgiatori di lama.Per loro la costruzione di una lama costituiva una vera e propria pratica ascetica. Erano talmente temuti che venivano considerati fantasmi e nessuno osava disturbarli.

Kissaki

Kissaki

Cura e conservazione della katana

La cura e la conservazione della katana segue le stesse regole generali che si applicano nel rituale del tè o nella calligrafia o nel bonsai o nell'arte di disporre i fiori (Ikebana).
Dopo aver smontato la lama dal Koshirae la si cosparge con una polvere ricavata dall'ultima pietra utilizzata per la politura (Uchigomori) tramite un tamponcino. Successivamente, usando della carta di riso piegata tra pollice ed indice, si rimuove la stessa con un movimento dal nakago al kissaki pinzando la lama con il mune verso la mano. Successivamente con un altro panno leggero (o sempre con carta di riso) imbevuto parzialmente di olio di garofano raffinato si passa di nuovo tutta la lama con lo stesso movimento utilizzato per rimuovere la polvere di uchigomori. La prima operazione rimuove tracce di ossidazione e grasso lasciato dalle dita durante il rinfodero, la seconda operazione invece serve per evitare ossidazioni successive.
In montature utilizzate per l'esposizione si può notare un nodo caratteristico più o meno complesso attorno al kurikata fatto con il sageo.

FILMATO DIMOSTRAZIONE AIKIDO MORIHEI UESHIBA

Dimostrazione tecniche con katana



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